lunedì 29 marzo 2021

Frammenti nietzschiani

«Considera il gregge che pascola di fronte a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia domani, salta di qua e di là, mangia, riposa, digerisce, salta di nuovo, e così dalla mattina alla sera, giorno dopo giorno, poco legato al suo piacere e alla sua svogliatezza, cioè al paletto dell’istante, e perciò né malinconico né annoiato. È doloroso per l’uomo vedere questo, perché egli si pavoneggia della sua umanità di fronte all’animale e, nonostante ciò, osserva con invidia la sua felicità, perché questo solo egli desidera: vivere come l’animale né annoiato né soggetto al dolore, e lo desidera vanamente, perché non lo vuole come l’animale. L’uomo si meraviglia di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di rimanere attaccato al passato. Allora l’uomo dice: ”Mi ricordo” e invidia l’animale che dimentica immediatamente e che vede davvero ogni attimo morire, sprofondare nella nebbia e nella notte, estinguersi per sempre. L’animale vive così in modo non storico, poiché si muove nel presente» (Nietzsche)

E' un ragionamento basato su esperienze e intuizioni comuni, diffusamente accettate, ma resta quel sapore di congettura che per chi è avvezzo ad affermazioni provate e coerenti suona almeno azzardato. Chi dice che le pecore non abbiano qualche forma di memoria dell'ieri, forme di nostalgia, piacere, dolore? In fondo sono mammiferi con un sistema nervoso a noi molto vicino. Sarebbe andato più sul sicuro, Nietzsche, se avesse parlato di vongole o ricci di mare. Ma anche ammettendo che le pecore vivano come molluschi ed echinodermi nel presente senza memoria di se spiacevole o piacevole che sia. Quali uomini invidiano davvero questa condizione? Io preferisco essere consapevole di qualunque mio dramma piuttosto che vivere nella felice inconsapevolezza. Credo di essere un uomo anche io.

«Guai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non partorirà più stella alcuna. Guai! Si avvicinano i tempi dell’uomo più spregevole, quegli che non sa disprezzare se stesso. […] La sua genia è indistruttibile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo campa più a lungo di tutti. ”Noi abbiamo inventato la felicità”, così dicono gli ultimi uomini. […] Un po’ di veleno ogni tanto: ciò rende gradevoli i sogni. E molto veleno alla fine per morire gradevolmente. Nessun pastore e un sol gregge! Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono eguali: chi sente diversamente va da sé al manicomio. […] Una vogliuzza per il giorno e una vogliuzza per la notte: salvo restando la salute. ”Noi abbiamo inventato la felicità”, così dicono gli ultimi uomini» (Nietzsche)

A volte ho pensato anche io, sbagliando, che gli uomini del passato siano stati giganti e quelli del presenti lo siano un po' meno. Ma è il classico effetto dell'oblio selettivo. Gli imbecilli contemporanei ci tocca sentirli, vivono intorno a noi. Gli imbecilli del passato possiamo anche scegliere di non leggerli più, di lasciare le loro ingenuità chiuse nei libri o leggerle solo a monito di errore o a prova di evoluzione del pensiero. Per certi ambiti di conoscenza scientifica oggi nessuno più va a cercare l'opinione bislacca di Goethe o Hegel, che pure ai loro tempi si sono espressi autorevolmente su temi scientifici dei quali erano, forse inconsapevolmente, del tutto incompetenti. Anche Newton ha affermato cose che poi sono state reintepretate più correttamente. Ma il punto è che l'uomo continua partorire stelle, eccome, da Nietzsche ad oggi i progressi scientifici sono stati impensabili e un bravo studente ventenne di oggi conosce e gestisce più "filosofia naturale" e matematica di quanta non ne gestisse Einstein nel 1924. Questo dimostra che gli ultimi uomini, gli ingenui e i creduloni, quelli che credono di aver inventato la felicità, ci sono sempre stati e sono sempre stati la maggioranza anche e soprattutto tra i pastori, intesi come leader, capi scuola o maestri di pensiero. Non è mai l'assenza del pastore il problema, ma la mediocrità frequente del pastore stesso.